In occasione della ristampa di Bambine di Alice Ceresa con Casagrande Edizioni incontriamo Francesca Rodesino per parlarne.
Sinossi:
Bambine torna in una nuova edizione curata da Tatiana Crivelli sulla base di inediti materiali d’archivio. Un capolavoro di spiazzante attualità, «a metà strada tra Georges Perec e Agota Kristof» (Télérama).
Con la distaccata curiosità di una zoologa intenta a decifrare i comportamenti di una specie animale sconosciuta, in Bambine Alice Ceresa osserva un particolare gruppo di mammiferi: una famiglia borghese del Novecento, formata da padre, madre e due figlie. Attraverso il suo sguardo scientifico, vediamo come le sorelline vengano iniziate a un mondo di usanze e convenzioni, dalla corretta manipolazione delle posate alla disposizione del mobilio. A questo asfissiante schema si può sottrarsi solo tramite ribellioni minime: momenti di sonnambulismo, disegni che satireggiano i genitori, brevi fughe nella «pericolosità del mondo». Nel seguire le bambine dalla prima infanzia all’adolescenza, Ceresa rileva e rivela «con splendido accanimento mentale», come ha scritto Giorgio Manganelli, i meccanismi della famiglia tradizionale, in cui ogni membro è costretto a interpretare un ruolo determinato da due indiscussi confini: il genere e l’età.
Alla prima apparizione del libro, nel 1990, non era scontato cogliere con tanta nitidezza come tali confini, intersecandosi, segnassero le vite; e nemmeno lo era affermare che i ruoli tradizionali (uomo e donna, marito e moglie, figlia e genitore) fossero, appunto, ruoli, con le loro battute e i loro costumi. Ceresa lo rende evidente creando una propria lingua, il cui segreto risiede forse, come ha scritto Dacia Maraini, nel «felice stare in bilico fra