Benvenuta ad Aurora Tamigio autrice di spessore che abbiamo conosciuto attraverso il suo romanzo Il cognome delle donne. Al Rifugio Letterario a Massagno, ingresso libero
Libro vincitore del Premio Bancarella 2024
Libro vincitore del Premio Io Donna 2023
Libro vincitore del Premio John Fante Opera Prima 2024
Aurora Tamigio scrive al suo esordio un romanzo familiare dal respiro ampio e dal passo veloce, che trascina il lettore come un fiume: epica popolare, saggezza antica e leggerezza immaginifica, riso e pianto, e poi personaggi impossibili da dimenticare. Lo scrive come se fosse semplice, e non lo è. Semplice è leggerlo, non ci si ferma più fino all’ultima parola.
«Un convincente romanzo di denuncia, una vicenda di formazione generazionale negli anni della Seconda guerra mondiale, del boom economico e dello scorcio finale del Novecento, uno spaccato di storia del costume, un’epica del quotidiano a tratti drammatica sullo sfondo un paesino montano della Sicilia intorno a un nugolo di personaggi femminili capaci di inseguire con determinazione il futuro.» – Marzia Fontana, la Lettura
«Il romanzo della Tamigio è consapevolmente fitto di echi, perché impossibile sarebbe non percepirvi riverberi del Lessico famigliare della Ginzburg oppure certi palpiti che ti riportano subito fra le sorelle Pintor della Deledda, e ancora quegli squarci di bagliori e abomini siciliani in cui si erano magistralmente espresse Dacia Maraini con la sua Marianna Ucria e più di recente Stefania Auci.» – Stefano Massini, Robinson
«Un romanzo dove la centralità del racconto è l’essere donna, forte o debole, audace o austera, capace di lottare anche senza urlare e, soprattutto, capace di essere sempre resiliente.» – Sabrina Bordignon
«Un affresco potente che regala anche echi di realismo magico.» – Erica Manna, la Repubblica
All’origine c’è Rosa. Nata nella Sicilia di inizio Novecento, cresciuta in un paesino arroccato sulle montagne, rivela sin da bambina di essere fatta della materia del suo nome, ossia di fiori che rispuntano sempre, di frutti buoni contro i malanni, di legno resistente e spinoso. Al padre e ai fratelli, che possono tutto, non si piega mai sino in fondo. Finché nel 1925 incontra Sebastiano Quaranta, che “non aveva padre, madre o sorelle, perciò Rosa aveva trovato l’unico uomo al mondo che non sapeva come suonarle”. È un amore a prima vista, dove la vista però non inganna. Rosa scappa con lui, si sposano e insieme aprono un’osteria, che diventa un punto di riferimento per la gente dei quattro paesi tutt’intorno. A breve distanza nascono il bel Fernando, Donato, che andrà in seminario, e infine Selma, dalle mani delicate come i ricami di cui sarà maestra. Semplice e mite, Selma si fa incantare da Santi Maraviglia, detto Santidivetro per la pelle diafana, sposandolo contro il parere materno. È quando lui diventa legalmente il capofamiglia che cominciano i guai, e un’eredità che era stata coltivata con cura viene sottratta. A farne le spese saranno le figlie di Selma e Santi: Patrizia, delle tre sorelle la più battagliera, Lavinia, attraente come Virna Lisi, e Marinella, la preferita dal padre, che si fa ragazza negli anni ottanta e sogna di studiare all’estero. Su tutte loro veglia lo spirito di Sebastiano Quaranta, che torna a visitarle nei momenti più duri.