L’ultima volte che siamo stati bambini – Fabio Bartolomei
Di tanti romanzi letti, ambientati durante la seconda guerra mondiale o che abbiano in qualche modo a che vedere con la Shoah, “L’ultima volta che siamo stati bambini” è uno dei più belli incontrati fino ad ora; forse perché tratta il tema in maniera un po’ diversa, non così direttamente, ma partendo da quattro bambini che giocano insieme: Italo, figlio di un fascista; Cosimo, figlio di uno che invece è stato mandato al confino; Vanda, orfana, cresciuta in dalle suore in un istituto; e infine Riccardo, ebreo, soprannominato il Maremmano, come il cagnolone, per il suo essere amico fedele e paziente. Il più paziente di tutti.
Un giorno Riccardo non si presenta a giocare e gli altri tre intuiscono che gli sia successo qualcosa. Cosa, però, è difficile da capire perché gli adulti, si sa, ai bambini raccontano spesso bugie e a dei ragazzini di dieci anni cosa vuoi andare a spiegare dei campi di concentramento, della deportazione ecc.? Meglio essere vaghi se non del tutto disonesti. Così i nostri restanti tre eroi, attraverso sommari indizi, intuiscono un’unica cosa: che sicuramente c’è stato un errore se hanno portato via Riccardo, perché con le cose degli adulti i bambini non c’entrano e tanto meno hanno colpa, e che se lo vogliono ritrovare devono seguire i binari del treno, che Riccardo tanto lontano non sarà.
Così partono.
È un racconto bellissimo e struggente, scritto con l’animo di un ragazzino che davanti a un prato in fiore vuole solo correre a perdifiato fino ad aver male alla milza. Fabio Bartolomei ha una penna splendida e delicata. È la prima volta che lo leggiamo, ma sicuramente non l’ultima.
Adatto dai 15 ai 100 anni.